Notizie 2013

Intervista a Sebastián Sepúlveda, regista di Las niñas Quispe (Le ragazze Quispe)

Giulia Ghigi Chi era Sebastiàn Sepulveda prima di diventare un regista?

Sebastián Sepúlveda Ho studiato cinema alla EICTV (Escuela Internacional de Cine y Televisión) di Cuba e alla Femis in Francia. Ho lavorato per più di dieci anni come sceneggiatore, aiuto sceneggiatore e montatore. In questo periodo ho appreso molto su che cosa significa progettare e strutturare una storia e poi  costruire la narrazione cinematografica in uno studio di montaggio. Mentre stavo aiutando gli altri con i loro film, io lavoravo alle mie sceneggiature e ho girato un documentario.

GG Che necessità ti ha spinto a scegliere questa storia per esordire?

SS Mi interessano le storie che si occupano di problemi essenziali dell’essere umano. Narrare dal punto di vista degli ultimi rappresentanti di una cultura, il fine ultimo del loro modo di vivere, mi sembrava una bella sfida. Inoltre la cornice della storia fa parte di un mondo primigenio, uno stato iniziale, e l’idea di raccontare questo mi commuoveva.

GG Perché hai scelto anche il cinema come mezzo per la tua espressione artistica?

SS Vengo da una famiglia di accademici e intellettuali, la mia vocazione è però diversa. Durante la mia adolescenza mio fratello maggiore ha iniziato a portarmi al cinema a vedere il cinema italiano della generazione post-neorealista come ad esempio i film di Pasolini, dei fratelli Taviani e di Scola che mi lasciavano a fantasticare per giorni. Una volta, nel vedere un film di Herzog, Cobra Verde, l’impatto è stato così forte che mi sono reso conto di non aver altra scelta che fare film.

GG Com’è stata l’esperienza del set?

SS Dato che abbiamo girato nel luogo dove vivevano realmente le sorelle Quispe, ovvero sulla cordigliera delle Ande, a 4000 metri di altezza, abbiamo dovuto organizzare un accampamento. Le condizioni per le riprese erano già di per sé una sfida, anche solo respirare era faticoso. In questo contesto, vedere Digna Quispe impersonare sua zia Justa nella cucina delle sorelle, o Catalina Saavedra e Francisca Gavilán scalare un’enorme collina incitando le capre esattamente come facevano Lucia e Luciana, sono stati momenti di grande emozione per tutta la troupe e per me.

GG Pur essendoti formato all’estero, hai iniziato la tua carriera nel paese d’origine esordendo con un cast d’eccezione e una delle case di produzione cilene più prestigiose. E’ stata una scelta precisa quella di ritornare in Cile?

SS E’ molto strano, perchè pur essendo stato un esiliato fin dall’infanzia e aver  vissuto in sette paesi diversi, tutte le storie di finzione che inizio a scrivere sono ambientate in Cile. L’appartenenza, penso, è più un luogo immaginario che quello vero in cui ti trovi. E così ho deciso di andare a vivere in Cile per realizzare  il mio primo film.

GG Il nuovissimo cinema cileno è un cinema soprattutto d’interni. Il tuo, al contrario, è ambientato fra le montagne del nord del Cile e l’ambiente naturale è fortemente presente. Che ruolo ha la natura nel tuo film?

SS Sono sempre stato interessato al mondo rurale, perché lì persistono culture e modi di parlare differenti. La città, con la televisione e internet, “schiaccia” le differenze, ed è per questo che non sono mai stato interessato a girare in città. Il contesto in cui si sviluppa il film, ovvero il deserto dell’altopiano andino, è un ambiente quasi astratto, un labirinto di grandi spazi in cui i personaggi si ritrovano soli con se stessi.

GG Un critico cileno afferma che “uno dei momenti chiave nel Nuovissimo Cinema Cileno è quando il protagonista scopre di essere solo (…) e che “la delusione nei confronti del mondo esterno è spesso costante in queste opere”. Pensi che il tuo film possa essere incluso in ciò che afferma il critico?

SS Le protagoniste vivono un’autentica solitudine. Ma al di là di questo, quello che mi interessa è osservare come il modo di vivere di queste donne pastore, che sono portatrici di una cultura ancestrale in cui esiste un dialogo paritario con l’animale, con le montagne, con la pietra, si trova in pericolo. Il film vuole che lo spettatore viva con loro questo rischio.