Notizie 2013

Intervista a Matteo Oleotto, regista di Zoran, il mio nipote scemo

Giulia Ghigi Chi era Matteo Oleotto prima di diventare regista?

Matteo Oleotto Matteo è sempre stato follemente innamorato delle Storie, quelle con la S maiuscola. Storie da ascoltare, da trovare e da inventare. E le storie le ha sempre cercate in mezzo alla vita di tutti i giorni.  Prima di dedicarsi completamente alla regia ha lavorato come telefonista in un call-center, come bagnino, in una ditta di traslochi, in un autolavaggio, come operaio in una ditta di microcomponenti, assistente notturno di un ospedale psichiatrico, cameriere, aiuto cuoco, giardiniere, arbitro di basket,  portiere d’albergo e istruttore di nuoto.  Si è poi diplomato come attore all’Accademia d’Arte Drammatica Nico Pepe di Udine e poi come regista al Centro Sperimentale di Cinematografia di Roma. Una decina di anni di lavoro in televisione sempre però sognando di fare cinema. E oggi eccomi qui, a presentarmi a tutto il mondo!

GG Che necessità ti ha spinto ad esordire con questa storia?

MO Ho cercato di mettere assieme un po’ di cose che volevo raccontare. Un luogo geografico, i personaggi della mia terra e una bizzarra relazione tra due personaggi opposti. E così è uscito Zoran, il mio nipote scemo.

Sono da sempre convinto che per il primo film bisogna concentrarsi su quello che si conosce bene. E io questo conosco. Conosco la mia terra, con le sue stranezze e le sue bellezze, conosco i personaggi che la abitano e da sempre sono attratto dal loro modo di relazionarsi con il prossimo. Ho cercato una storia, assieme a Daniela Gambaro, Marco Pettenello, Pier Paolo Piciarelli, che potesse racchiudere tutto quello che volevo raccontare.

GG Tu sei stato anche attore, cosa ti ha portato a scegliere anche la regia come mezzo di espressione artistica?

MO Decisi d’iscrivermi all’accademia di teatro perché il Centro Sperimentale non mi permetteva di chiedere il rinvio per il militare. Mi sembrava una strada parallela molto interessante per arrivare alla regia. E così è stata. Appena finita l’accademia sono riuscito ad entrare al Centro Sperimentale e la carriera di attore l’ho abbandonata se non per qualche amico che mi chiedeva di partecipare a qualche lavoro.

Ad oggi credo che il mio amore folle per gli attori, sia comunque figlio del mio percorso. Spesso, arrivati su un set, s’investono decine di minuti per parlare col direttore di fotografia, scenografo, costumista e operatore. Io parto invece dagli attori. Mi piace vederli improvvisare. Ascolto molto le loro proposte e chiedo agli altri reparti di organizzarsi in base alle loro scelte, nel limiti del possibile. Quindi se la scelta iniziale è stata un po’ casuale, ad oggi credo che rifarei tutto quello che ho fatto.

GG Com’è stata l’esperienza del set? (il momento più difficile e il momento più gratificante?)

MO Sul set mi sento abbastanza a mio agio. Momenti difficili non ce ne sono stati troppi se non i soliti intoppi. Ricordo invece, in generale, la quantità di amore che tutta la troupe ha messo nel film. Non vi nascondo che l’ultimo giorno, sotto una pioggia battente, vedere il produttore esecutivo assieme a macchinisti ed elettricisti, cercare di coprire un buco sul tetto per non far entrare la pioggia, ecco in quel preciso istante mi son commosso. Commosso sul serio. Ho dovuto allontanarmi sul set per non farmi vedere mentre piangevo. Era un pianto di gioia. Era un pianto liberatorio nel vedere tutte quelle persone che mi hanno aiutato ad esaudire un sogno. Sono cose che non si dimenticano queste.

GG Nel mondo che racconti sembra essere completamente assente un’intera generazione: quella dei trentenni. Dove sono finiti i tuoi coetanei?

MO Non lo so. È una generazione complessa e dilaniata, senza padri e senza miti. Combatte ogni giorno, per rivendicare una propria identità. La mia generazione non la capisco, la studio ma non comprendo troppe cose per metterci le mani.

GG L’osteria nel film è un microcosmo dove esistono ancora legami di affetto, comprensione e solidarietà. Nostalgia o realtà? Si possono perdere anche i limiti dei confini geografici fra buon vino e gioco?

MO Dovrei scrivere un saggio antropologico. Possiamo tagliarla?

GG Paolo, il burbero e arrogante, Zoran il ragazzino educato e fuori da mondo: due archetipi o semplici personaggi?

MO Spero proprio siano due personaggi a tutto tondo. Se poi qualcuno deciderà di considerarli archetipi, mi piacerebbe molto lo stesso.