Giulia Ghigi Chi era Anna Odell prima di diventare una regista?
Anna Odell Ho iniziato come artista e ho conseguito un master in arte. Avvicinandomi all’adolescenza, quando mi sono resa conto che era giunto il momento di smettere di giocare come una bambina, ho avuto un vuoto enorme. Scoprire che l’arte è un modo adulto di giocare è stata la mia strada per uscire da quel vuoto. L’arte è il mio modo di relazionarmi alla vita.
Ho sempre avuto un grande interesse e sono particolarmente sensibile alle strutture di potere dell’uomo e alle gerarchie. Nel 2009, ho presentato un lavoro che ha scatenato un enorme dibattito in Svezia su ciò che è l’arte e fino a che punto si possa arrivare in nome dell’arte. Il titolo è Unknown Woman 2009-349701 e si compone di più parti, ma la parte che è stata al centro del dibattito era quella in cui ho scelto di mettere in atto una crisi psicotica su un ponte a Stoccolma. Io stesso ho sofferto di una malattia psicologica per diversi anni. Ho scelto di usare me stessa e la mia esperienza per mettere sotto i riflettori le strutture di potere all’interno del sistema di assistenza psichiatrica e ho usato me stessa come oggetto per ritrarre la società e la psichiatria.
GG Che necessità ti ha spinto a scegliere questa storia per esordire?
AO Per molti anni ho voluto lavorare sul tema del bullismo. Durante tutta la scuola elementare sono stata vittima di bullismo e così ho voluto usare le mie esperienze in qualche modo per indagare, tra le altre cose, le relazioni all’interno di un gruppo in seguito ad un cambiamento di gerarchia. Nella mia arte, ciò che mi stimola è la creazione una finzione, il portarla nella realtà, e lasciare poi che la realtà reagisca alla finzione, al fine di creare un lavoro in cui tutte le parti si relazionino a vicenda.
GG Perché hai scelto anche il cinema come mezzo per la tua espressione artistica?
AO Quando ho iniziato a lavorare con il progetto, il mio primo pensiero è stato quello di creare un’opera d’arte con elementi di documentario. Sapevo che ci sarebbe stato un incontro per il ventesimo anniversario della mia ex classe, ma non sapevo quando sarebbe successo. Ho comunque iniziato a scrivere un discorso che volevo leggere, se mai ci fosse stata una festa. Volevo quindi utilizzare le reazioni da parte dei miei compagni di classe come punto di partenza per il progetto. Durante questi preparativi ho saputo che di fatto c’era stata una riunione di classe, ma che non ero stata invitata. E’ in quel momento che è nata l’idea di fare un film. Ho deciso di usare degli attori per girare The Reunion, che mette in scena la riunione alla quale avrei dovuto essere invitata. Ho deciso poi di andare ancora oltre e contattare i miei compagni di classe reali e mostrare loro un primo montaggio della riunione di classe che avevo rappresentato.
GG Com’è stata l’esperienza del set? (il momento più gratificante e quello più difficile)
AO Il viaggio, lavorare con tutte queste persone così coinvolte nel progetto, è stato fantastico. Gli attori con cui ho lavorato sono stati intrepidi e generosi e questo ha significato molto per il film, in particolare nella prima parte. Questa parte è principalmente improvvisata, anche se avevamo una sceneggiatura ben definita per rispettare l’ordine di ciascuna scena. La sfida più grande è stata quella di dirigire un film per la prima volta e, al tempo stesso, anche di recitarci nel ruolo principale.
GG Che cosa significa per te la ricerca del punto di vista?
AO Voglio mettere in luce le cose che spesso siamo consapevoli, ma per diversi motivi scegliamo invece di ignorare. Il mio metodo di lavoro è quello di esplorare un tema e, attraverso questo processo, trovarne una rappresentazione artistica. Il punto di vista della ricerca è una parte importante di ciò che mi stimola creativamente.
GG Anche nella tua precedente performance artistica Unknown Woman (2009), sei ricorsa al mezzo audiovisivo: usi la macchina da presa come un testimone?
AO Io uso la macchina da presa come uno strumento con cui esplorare i nostri comportamenti e in questo senso si potrebbe dire che uso la macchina da presa come testimone quando rappresento qualcosa nella vita reale.
GG Quanto pensi che le relazioni tra compagni di classe possano influenzare la vita di una persona adulta?
AO Penso che le nostre esperienze scolastiche ci tocchino enormemente, ci derminano e ci influenzano a vicenda per tutta la vita. Questo significa anche che possiamo cambiare e riprenderci da brutte esperienze prendendo parte in nuovi contesti. Ecco perché credo che tutti noi abbiamo una grande responsabilità nelle nostre relazioni con l’altro e che tutti noi possiamo aiutare a prevenire il bullismo e l’ostracismo.
30.08 — 09.09